RIHA Journal 0246 | 20 June 2020
I disegni del Familienarchiv Harrach di Vienna per la committenza artistica nella Sala dei Viceré del Palazzo Reale di Napoli
Abstract
The seventeenth-century Sala dei Viceré of the Royal Palace in
Naples, currently known as the Salone d’Ercole, derived its original
name from the full-length portraits of the Spanish viceroys who governed the city
of Naples for two centuries. The Austrian viceroys, who reigned from 1707 to
1734, also made their contribution to the decoration of the room. From several
sources we know that Count Wirich Philipp Lorenz von Daun, who governed as the
viceroy of Naples from 1707 to 1708 and again from 1713 to 1719, commissioned the
painter Paolo de Matteis to retouch the already extant portraits and to carry out
new portraits, as well as an equestrian fresco of the Holy Roman Emperor Charles
VI of Habsburg. Due to the loss of the original decoration (i.e., the portraits
and the fresco) and also the lack of related visual and archival documents, it
was not previously possible to carry out a diachronic study of this important
commission to De Matteis in the Sala dei Viceré. The discovery of
new documents in the Vienna State Archives, and of two drawings of the Sala
dei Viceré in the Familienarchiv Harrach in Vienna, however, has
enabled a reassessment of Paolo de Matteis’ fresco work in this room, and
the terms of the commission to him.
[1] Nel 1732 il viceré Aloys Thomas Raimund von Harrach, esponente di una delle famiglie austriache più prestigiose dell’epoca e uomo politico di lungo corso, era all’apice della sua carriera diplomatica visto che il mandato napoletano, iniziato nel 1728, gli era stato rinnovato per un altro triennio, concludendosi nel 1733. Harrach aveva ottenuto numerose cariche presso la corte imperiale, come ciambellano e consigliere aulico, inviato alla corte di Dresda, ambasciatore a Madrid e capitano provinciale dell’Austria inferiore;1 nell’aprile di quell’anno (1732), infine, ricevette dall’imperatore Carlo VI d’Asburgo la procura per insignire dell’ordine del Toson d’oro quattro nobili napoletani: Luigi Sanseverino principe di Bisignano, Diego Pignatelli duca di Monteleone, Giulio Antonio Acquaviva conte di Conversano e Adriano Carafa duca di Traetto. Il Toson d’oro, come è noto, era una delle onorificenze più antiche e importanti per la società d’ancien régime, e tutti i nobili aspiravano a ottenere tale riconoscimento per esibire pubblicamente i privilegi raggiunti e la personale vicinanza alla figura del sovrano. Questo suggello simbolico era motivo di vanto per il ricevente sia per il conferente stesso, che, ottemperando al solenne incarico, si qualificava come depositario della maestà regia.2
[2] Nella cerimonia che vide Harrach protagonista nelle vesti di alter ego dell’imperatore, svoltasi il 23 aprile 1732, si dispiegò un complesso cerimoniale dettato dall’etichetta di corte; il luogo prescelto fu la Sala dei Viceré del Palazzo Reale di Napoli, attuale Salone d’Ercole (Fig. 3, n. XXII), la più adatta a ospitare i numerosi partecipanti. Un ricco apparato effimero, ideato appositamente per l’occasione, ornava il grande ambiente, della cui magnificenza si aveva finora un’idea solo grazie alla descrizione di Francesco Ricciardo3 e alla cronaca del maestro di cerimonie del Palazzo Reale di Napoli Francesco Grimaldi,4 fonte quest’ultima commentata da Sebastian Schütze a testimonianza della committenza artistica del conte Harrach a Napoli.5
[3] Grimaldi non si limita soltanto a registrare le posizioni e i gesti dei personaggi presenti all’evento, ma si sofferma sul lavoro dell’ingegnere maggiore di corte, Cristoforo Russo (o Rosso), che adornò la sala "con la maggior pompa che possibil fusse".6 A queste parole è possibile oggi accostare due disegni inediti e attribuibili allo stesso Russo conservati a Vienna presso il Familienarchiv Harrach (Figg. 1, 2), che restituiscono l’aspetto della Sala dei Viceré così come doveva apparire quel 23 aprile 1732 agli occhi dei cronachisti e dei contemporanei. L’eclettico artista, decoratore, scenografo nonché incisore di una serie di stampe riproducenti le macchine della cuccagna a Largo di Palazzo,7 eseguì i disegni con grande cura per presentare al viceré l’allestimento effimero.
[4] Ai due fogli si aggiungono gli inediti pagamenti, riportati in appendice, corrisposti agli artigiani operosi per l’occasione all’apparato effimero, ritrovati durante la ricerca presso il Familienarchiv Harrach, che restituiscono oggi preziose informazioni sulle modalità di realizzazione e, in generale, sull’équipe di maestranze locali a servizio della real corte.8
[5] Tornando ai disegni, nel primo foglio (Fig. 1), in basso, all’interno di uno spazio delimitato da una balaustra turchina e argento aperta al centro, la gran sedia del viceré è posta su una pedana incorniciata dal baldacchino di damasco cremisi; i quattro nobili prescelti sarebbero stati accolti entro la balaustra – elemento di separazione visivo e simbolico rispetto al resto della nobiltà presente – solo per prestare giuramento dinanzi al viceré in veste di rappresentante dell’imperatore. In posizione rialzata, il grande affresco con il trionfo equestre di Carlo VI d’Asburgo "di pintura del famoso Paolo de Matteis" dominava la parete e appariva abilmente integrato all’apparato effimero, essendo racchiuso da "un grande e vago ornamento a guisa di cornicione di lama d’oro con otto torcie, con suoi torcieri inargentati" che lo "ornava pomposamente".9 La sala era ricoperta di panni d’arazzo provenienti dai monasteri di Santa Chiara e di Monteoliveto,10 impreziositi da inserti di "galloni d’oro con cornicioni di drappi di lame d’oro e festoni e francie [sic frangie] ancor d’oro, e puttini d’argento";11 tutto il paramento di stoffa – fissato su un’impalcatura in legno che partiva dalla cornice del soffitto – ricadeva fino a terra celando la decorazione permanente della sala, costituita essenzialmente da un fregio sommitale realizzato con i ritratti dei viceré che si erano susseguiti nel governo di Napoli.
[6] Sulla parete opposta del grande ambiente di rappresentanza (Fig. 2) venne innalzata una macchina scenica alta più di 120 palmi napoletani (un palmo = 26,34 cm), ossia circa 30 metri: una scalinata permetteva di accedere allo spazio, suddiviso in quattro gradoni ascendenti, riservato ai musicisti dell’orchestra; al centro, un piedistallo d’argento con quattro candelabri per lato accoglieva l’emblema del conte Harrach e, in alto, sorretti da due statue di cartapesta, "erano i ritratti de’ nostri regnanti riccamente e con somma pompa guarniti, e, più sopra, un’aquila, in mezzo la quale l’armi di Sua Maestà",12 effigi affiancate, a sinistra, dalla statua alata della Fama. Il fastoso apparato era messo ulteriormente in risalto da un enorme drappo dai bordi dorati ricadente dal soffitto, sorretto da puttini d’argento e illuminato da "sedici grandi lampioni di cristallo, che tutti accesi facevano con tutti gl’altri vaghissima veduta";13 esso costituiva la scenografia dei festeggiamenti, che proseguirono la sera stessa con la rappresentazione della serenata a cinque voci dal titolo Giasone, composta dal librettista Luigi Maria Stampiglia, con musiche del maestro di cappella Nicola Antonio Porpora.14
[7] Il 23 aprile del 1732 alle ore dieci di Spagna15 Luigi Sanseverino, Diego Pignatelli, Giulio Antonio Acquaviva e Adriano Carafa arrivarono a Palazzo; dopo aver percorso lo scalone monumentale, vennero accolti dal cavaliere anziano dell’ordine Alfonso de Cardenas conte di Acerra e dal segretario di stato e di guerra Giovanni Tomaso de Peralta in veste provvisoria di segretario dell’ordine. Insieme varcarono le sale utilizzate dal viceré per le udienze pubbliche e private, giungendo nella Galleria; qui furono introdotti ad Harrach, che li attendeva in un’anticamera privata. All’ora stabilita, le dieci e trenta, si predisposero tutti in corteo e attraversarono il quarto della signora viceregina e la Sala d’Alba, fino all’anticamera della Sala dei Viceré, dove sostarono brevemente per permettere ad Harrach di entrare per primo e sistemarsi sul trono al di sotto del baldacchino (Figg. 3, 3a).16
A |
Cortile d’onore, Cortile o patio |
B |
Scalone d’onore, Scala reale o scala grande |
I |
Teatro di corte, Sala reale o Sala del teatro |
II |
Prima anticamera, già Sala diplomatica, |
IV |
Seconda anticamera, Camera del Collaterale |
V |
Terza anticamera, Anticamera dei titoli |
VI |
Sala del trono, Stanza del tosello o Sala dorata |
VIII |
Galleria o Salone degli ambasciatori, Galleria o Galleria grande |
IX |
Sala di Maria Cristina di Savoia, Stanza dopo la Galleria |
X |
Oratorio di Maria Cristina di Savoia, Cappella segreta (privata) |
XI |
Sala del Gran Capitano |
XII |
Sala dei fiamminghi |
XIII |
Studio di Murat o Studio del re, Camera che dà l’ingresso al quarto della viceregina |
XIV |
Stanza della regina o Sala del ’600 napoletano, Quarto della viceregina (con le stanze vicine forma l’appartamento della viceregina) |
XV |
Terzo salotto della regina o Sala della pittura del paesaggio, Sala d’Alba o appartamento d’Alba (formava, con la XXIV, un unico grande salone) |
XVI |
Secondo salone della regina o Sala di Luca Giordano, |
XVII |
Primo salotto della regina o Sala della pittura del ’600, |
XXII |
Salone d’Ercole, Sala dei Viceré |
XXX |
Cappella Reale, Cappella Reale |
[8] È utile a questo punto comprendere la struttura architettonica del Palazzo, essendo stato oggetto di cospicui interventi edilizi da parte del conte di Oñate, viceré dal 1648 al 1653.17 Egli, infatti, aveva ripensato la disposizione delle sale al piano nobile al fine di integrarle in un percorso maggiormente rispondente alle esigenze del cerimoniale di corte, e vi riuscì ingrandendo lo scalone di accesso al piano nobile sul versante nord-orientale ed eliminando una scala adiacente alla Cappella Reale, al posto della quale fece edificare la Sala dei Viceré.18 Quest’ultima fu immediatamente abbellita dai già menzionati "ritratti di tutti i signori viceré che han governato il Regno dal Re Cattolico in questa parte, e la maggior parte sono del pennello del nostro cavalier Massimo [Stanzione] e d’altri valent’huomini",19 di cui restano vaghe testimonianze nei ritratti incisi del Teatro eroico, e politico di Domenico Antonio Parrino.20 Il grande ambiente si prestava a ospitare la messa in scena di spettacoli teatrali, le riunioni dell’accademia reale e la funzione religiosa del Giovedì Santo.
[9] La più antica attestazione grafica della sala risale a Carlo Antonio Sammarco, personaggio molto vicino alla corte vicereale austriaca, il quale, tra le reggenze dei conti boemi Georg Adam von Martinitz e Wirich Philipp Lorenz von Daun (1707–1708), raccolse in un Giornale e Sommario la narrazione delle azioni militari per la conquista di Napoli e delle feste civili e religiose, corredando il tutto con minuziosi disegni a penna.21
[10] Il conte Martinitz aveva ottenuto l’incarico di primo viceré austriaco di Napoli il 7 luglio 1707 poco dopo aver condotto, sotto il comando del generale Daun, le truppe imperiali in città. Egli si avvaleva di una lunga esperienza come diplomatico presso varie corti europee ma, dopo quattro mesi dal suo insediamento, dovette cedere il posto allo stesso conte Daun, il quale rimase in carica per otto mesi (tra il 1707 e il 1708), per poi tornare per due mandati triennali consecutivi tra il 1713 e il 1719.22
[11] Nel disegno del Sammarco intitolato Cena del Giovedì Santo nel governo del viceré conte Daun (Fig. 4), la Sala dei Viceré è raffigurata libera dalle scenografie effimere di solito utilizzate durante i festeggiamenti dedicati ai monarchi; qui, al di sotto del cornicione, è possibile scorgere i ritratti dei viceré dipinti a figura intera. Si adeguò all’usanza di palazzo il conte Daun, il quale affidò al pittore Paolo de Matteis l’incarico di ritoccare i ritratti già esistenti – probabilmente per uniformarli alla serie aulica –, di aggiungerne di nuovi e di eseguire un grande affresco con il ritratto equestre dell’imperatore Carlo VI d’Asburgo. Per quest’ultimo intervento Alba Cappellieri, Valeria Manfrè, Ida Mauro e Sebastian Schütze23 hanno proposto una datazione precoce al 1707–1708, durante il primo e brevissimo viceregno del conte Daun, sulla scorta del disegno di Sammarco (1708) e delle generiche indicazioni di Giuseppe Sigismondo (1788),24 giustificando gli interventi pittorici con la necessità degli Asburgo d’Austria di dare un segnale di continuità e di legittimità politica a Napoli nel momento in cui imperversava la guerra di successione spagnola (1700–1714). Si è discostata da questa ipotesi Diana Carrió-Invernizzi, che ha proposto di posticipare la data al 1713, quando Daun rimase a Napoli per sei anni, un tempo sufficiente per favorire l’impresa pittorica.25
[12] Paolo de Matteis (1662–1728), artista elegante e raffinato, ricettivo agli stimoli del classicismo marattesco e del pittoricismo giordanesco, fu molto apprezzato dai committenti europei.26 Il primo contatto con i nuovi governatori risale ai festeggiamenti del luglio 1707, quando l’artista è ricordato per "un bellissimo tosello con il ritratto di Carlo III all[’]inpiedi con un angiolo che l’incorona"27 dinanzi alla chiesa di San Francesco Saverio (odierna San Ferdinando). Nell’ottobre dello stesso anno, egli ottenne l’incarico ufficiale per "un ritratto di S[ua] M[aestà] (che Dio g[uar]de) per esso fatto, e si è posto nella Segretaria di Stato, e Guerra de S[ua] E[ccellenza]", noto grazie a una cedola di pagamento di cinquanta ducati – "apprezzato dal r[egi]o ing[egne]ro Schor per d[ucati] cento" – disposta dal regio pagatore per conto di un funzionario di Sua Maestà in seguito all’approvazione del conte Martinitz.28 Una relazione diretta tra il pittore e i due viceré è inoltre testimoniata dall’opuscolo di vendita dei dipinti posseduti dal De Matteis stesso (1729) per la presenza del doppio ritratto "dell’Illustre conte Martinitz, in tempo fu viceré di Napoli, e del di lui figlio: di palmi tre" e del ritratto del "figlio dell’Illustre conte di Daun, allora viceré di Napoli, di palmi tre".29 In mancanza di ulteriori ragguagli documentali, siamo attualmente costretti ad ascrivere tali opere a un fenomeno di committenza privata; tuttavia, sembra plausibile ravvisarvi la volontà di continuare la serie spagnola dei ritratti nella Sala dei Viceré,30 come d’altronde avrebbe fatto il cardinale Vincenzo Grimani (viceré dal 1708 al 1710), che nel 1709 fece disporre un pagamento di cento ducati in favore del De Matteis per "due retratti che ha fatto nella Sala de Signor Viceré".31
[13] Il 22 maggio 1713 ritornò in città il conte Daun, che si occupò immediatamente della risistemazione e dell’arredo delle stanze del Palazzo Reale. Grande fu lo sgomento del maestro di casa del conte Borromeo Arese, a sua volta viceré dal 1710 al 1713, nell’osservare che "sono stati dati ordini generali di sfrattar tutti di Palazzo; […] facendosi imbiancare dappertutto. […] Io credo che la Camera spenda più in risarcire il Palazzo, far finestre, e vetrate adesso, di quanto abbia fatto da 50 anni in qua."32 La manutenzione ordinaria e straordinaria dell’edificio era stata affidata a un gruppo di artigiani di formazione romana (o napoletana), i "partitarij",33 posti alle dirette dipendenze della regia corte; solo in casi eccezionali venivano richiesti artisti rinomati come Giacomo del Po o Paolo de Matteis.
[14] Quest’ultimo, in particolare, tra il 24 novembre 1717 e il 16 aprile 1718 ricevette due acconti per alcune pitture eseguite nel Palazzo Reale, dall’importo rispettivo di cento e di trecento ducati,34 dati rilevanti per ancorare cronologicamente una tappa importante della carriera dell’artista, perché trovano riscontro in una coeva relazione manoscritta nella quale l’impresa pittorica compare inclusa in una serie di lavori di ripristino che coinvolsero anche la Sala dei Viceré.35 Probabilmente gli interventi andavano al di là della consueta pratica di riallestire il Palazzo Reale in occasione del passaggio da una reggenza all’altra; al contrario, essi potrebbero essersi resi necessari per porre rimedio ai problemi strutturali di alcuni ambienti del piano nobile. Come la Cappella Reale, anche la Sala dei Viceré è dotata di una sopraelevazione del solaio circondato da alte finestre; osservando dall’alto lo stato attuale del tetto, i due corpi di fabbrica distinti sono stati innestati in quello principale, tanto che i rispettivi tetti presentano delle differenze: quello della cappella ha due falde e appare isolato e circondato da un parapetto calpestabile di facile accesso progettato per rimediare repentinamente alle infiltrazioni, mentre quello della Sala dei Viceré presenta tre spioventi e una situazione ben più articolata: la falda destra del tetto si interseca infatti con quella contigua del corpo di fabbrica principale di Palazzo Reale e, nello spazio che intercorre tra le due strutture, al livello della linea di imposta della falda, è stata aggiunta una guaina bituminosa per arginare le infiltrazioni. In antico probabilmente non c’era un sistema di canalizzazione opportuno e la cattiva regimentazione delle acque piovane provocava spesso danni, come emerge anche dalle carte.
[15] Tale situazione era motivo di afflizione per i viceré. Il conte Daun fece predisporre i lavori necessari affidandosi soprattutto a un "partidario de las fabricas de Palacio, a quien tocan los reparos, y un fontanero para el cuidado de las fuentes, ambos pagados en la forma referida en las enunciadas partidas, como porque hauiendo pagado el Tribunal los otros enunciados gastos de vidrios, marmoles, pintura, y obra en la Sala del Virrey".36 In occasione della cerimonia del 1732 vennero addirittura reclutati gli "schiavi di galera che portorono le tende [cerate] per riparare l’acqua che pioveva nella Sala".37 E qualche tempo dopo, in pieno regno borbonico, il principe di San Nicandro propose di assoldare Giovanni Maria Bibiena in quanto "un celebre pittore a fresco potrà semp’essere molt’opportuno per il nuovo Quarto Reale fattosi nel Palazzo di Napoli; per la Sala de’ Viceré nel Palazzo stesso, in cui, perché minacciava rovina la volta finta di canne, si sta presentemente rifacendo".38 Come anticipato39, sulla scia di Giuseppe Sigismondo, anche Camillo Napoleone Sasso nel 1856 scrisse che "questa sala [dei Viceré] fu abbellita in tempo del governo del conte di Daun con essersi ritoccati tutti i ritratti, e fattevi le cornici di stucco, e più fattavi la volta di canne e stucco. Il quadro grande a fresco rimpetto alla porta, e molti altri ritratti di altri viceré erano di Paolo de Matteis",40 mentre Francesco Grimaldi ci rende edotti sul soggetto: "l’augustissimo nostro monarca a cavallo che trionfa della nostra Partenope".41
[16] Grazie ai disegni Harrach (Fig. 1) possiamo finalmente conoscere l’iconografia precisa del grande dipinto murale che campeggiava al centro dell’allestimento effimero e notare la stretta relazione con l’Allegoria della vittoria di Carlo VI d’Asburgo contro i turchi (Fig. 5), firmata da Paolo de Matteis nel 1717, oggi a Opočno (Repubblica Ceca) in collezione Colloredo-Mansfeld.42 Finora non era stato possibile paragonare le due opere a causa dell’incertezza legata alla cronologia dell’intervento murale del De Matteis ma, compulsando i dati documentali rinvenuti, i pagamenti al pittore tra novembre 1717 e aprile 1718 sono da intendersi per la decorazione della Sala dei Viceré, opera inserita "p[a]ra reparos del R[ea]l Palacio",43 idonea a suggellare un momento nodale del governo carolino: la vittoria di Belgrado, la cui piazzaforte era stata strappata ai turchi il 17 agosto 1717 da Eugenio di Savoia, anche grazie agli aiuti inviati da Napoli.44
[17] L’impresa bellica confermò lo strapotere imperiale di Carlo VI, che nell’ottobre 1717 inviò al conte Daun due bandiere turche e una coda di cavallo, chiedendo che venissero sistemate nella Cappella del Tesoro di San Gennaro come ringraziamento per l’intercessione dei santi e dei patroni di Napoli nella guerra "contra el enemigo del nombre christiano".45
[18] Commissionando a Paolo de Matteis l’imponente affresco equestre, Daun esaltò al massimo grado il suo imperatore, mostrandolo trionfante sui miscredenti mentre è assistito dalla Religione e dalla Fama, immagine di cui avrebbe conservato per sé preziosa memoria grazie alla tela di Opočno, in cui un Genio alato in basso a sinistra sostiene un suo ritratto in grisaille.
[19] Probabilmente, nel descrivere la Sala dei Viceré allestita nel 1732, il maestro di cerimonie Francesco Grimaldi non aveva bisogno di precisare il tema iconografico dell’affresco perché quell’immagine evocava una vittoria ormai storica e diventava, nel contesto della solenne consegna del Toson d’oro, il simbolo trasfigurato della città di Napoli guidata dal suo governante-cavaliere.46
Appendice Documentaria
Abbreviazioni
ABIB: Archivio Famiglia Borromeo, Isola Bella (VB) ASBN: Archivio Storico del Banco di Napoli ASN: Archivio di Stato di Napoli HHStA: Haus-, Hof- und Staatsarchiv, Vienna AVAFHKA/FA Harrach: Allgemeines Verwaltungs-, Finanz- und Hofkammerarchiv/ Familienarchiv Harrach, Vienna
La trascrizione delle fonti archivistiche è stata condotta con l’intento di eseguire il minor numero possibile di interventi, cercando di rispettare ortografia, sintassi e lessico; tuttavia, per rendere più agevole la lettura, si è preferito sciogliere le abbreviazioni e ricondurre le maiuscole e gli apostrofi all’uso attuale.
I.
AVAFHKA/FA Harrach, Kt.12547
[c. 441r] Nota di tutte le spese fatte nella Sala dove si fece la cantata il dì 23 aprile 1732
Il conto del mastro d’ascia lett[e]ra A: per legname tagliato, per affitto di altro legname, di parapetto per l’orchestra, di chiodi e altri lavori da lui fatti in sette giorni, con sette lavoranti, il tutto pone ducati cento, e novantasei tarato per du[ca]ti 70 Il conto dell’apparatore, e trinarolo lett[e]ra B: che contiene camere di damasco n. 21, le quali servirono per fare tutte le giunte alli parati di S[ant]a Chiara, per il coretto della sig[no]ra viceregina, alla balaustrata, all’orchestra, e per fare tutte le portiere, e baldacchini delle medesime, et altre giunte alli parati del primo ordine, camare di tela d’oro n. 23, camere di broccato torchino n. 2, libre 136 di galloni d’oro falsi, e canne 184 di francia falsa, 64 puttini, alcuni teli di contratagli, oltre poi tutte le altre spese minute, e giornate sette di apparatori, e cuscitori, e per affitto di 24 panni di arazzi. Importa ducati 237 = 36, non potendosi levar molto dall’affitti si è tarato per ducati 130 Il conto dell’indoratore lett[e]ra C: consistente in 49 migliara d’argento, e 16 libretti d’oro, colla, gesso servito per li sei lampadarij grandi, l’aquila con sua corona, il piedestallo, tre statue, due cornici, e 46 cornucopij48 per le torcie comprese le giornate, e lavoro fatto anche di notte da giovani importa ducati 73, tarato per ducati 64 [subtotale] 264
Il conto del cartapistaro lett[e]ra D: per aver fatta l’aquila imperiale
con la corona, la statua della Fama, le [c. 441v] due cornici per li
ritratti delle Maestà Regnanti, l’arma di S[u]a Ecc[ellenz]a, et
altri lavori come dal detto conto importa ducati 54, tarato per ducati 27
Per cartone, e tagliatura del medesimo per adornare li sei lampadarij grandi, e
coprire li cornucopij delle torcie, e altri lavori 14.60
Per portatura, e riportatura di tutti li apparati di San[t]a Chiara, di Monte
Oliveto, di sei lampedarij di cristallo grandi, di ventidue luniere di cristallo,
di dieci pezzi d’arazzo grandi, galessi, e sedie prese per andare
più volte dalli Governatori del Monte di Pietà, e alli monasterij
di S[ant]a Chiara, e di Monte Oliveto, compreso il regalo dato alli portieri del
detto Monte, e alli apparatori delli padri di Monte Oliveto ducati 19.36
Alli pittori per colla, innico, vernice cremisi, chiaro scuro, e giorni di lavoro
a 6 giovani compreso il mangiare ducati 24
Al tornitore per rifare le brochielle alli lampadarij, per 12 vasi o siano pomi
da porre sopra le zinefre49
che erano su le porte, e fare alli cornucopij li cocchi grandi per le torcie
ducati 10
Per fune per attaccare li dieci lampadarij di cristallo, per ferro filato, per
centrelle, e per canne venti di zagarella rossa 07.81
Per lampade, e olio per la notte, e candele di sego per due sere che si
lavorò di notte 02
Per far portare l’acqua da tenersi dietro la macchina, sponghe50,
e canne se mai si fosse attaccato foco a qualche parte 00.45
Per carbone, e legna per asciuttare li sopraddetti lavori di cartapista per
poterli inargentare, e indorare 00.46
[subtotale] 360.08
[subtotale] 370.0851
[c. 442r] [subtotale] 370.08
Alli schiavi di galera che portorono le tende per riparare l’acqua che
pioveva nella Sala [0.]60
Alli facchini per portare, e riportare sessanta banchi alle chiese vicine, e
fecero altri servizij nella giornata della cantata 03
Allo svizzero che andiede sollecitando per avere l’apparati d’affitto
01.50
Per affitto delle sedie bianche servite per la detta sera 03
A Cristofano Rossi per sua assistenza ducati 12
[subtotale] 390.18
E più dato a Cristofano Rossi per il disegno fatto per Sua Ecc[ellen]za
della volta della camera di Belvedere ducati 1852.
[subtotale] 398.18
Io sottoscritto ho ricevuto il saldo di tutti due questi conti con la somma di ducati ottocento sette, e grana ottantotto, e questi mi sono stati pagati dal segretario marchese Fichtol questi dì 2 di maggio 1732. Marchese Vitelleschi [totale] 807.88
[c. 442v] [riporto] 372.20 Allo stampatore per 500 stampe della cantata, compr[e]se le tre coperte delli libretti della sig[no]ra contessa di Gallas, si[gno]r conte Ferdinando, e sig[nor]a contessa d’Oleval, e tutte le coperte di carta dorata, et ondata delle altre 27.50 [totale] 399.70
[c. 445r] 1732 April 25 Io sotto schritto dichiaro avere riceuto dal ill[ustrissi]mo sig[nor] marchese Viteleschi docati sasanta nove, e sesantotto detti sono per docati quatordici e sesanta, cartoni comprati e tagliatura de medemi come anco docati quindeci e venti tutte le portature e riportature di tutti i necesari, simil mente docati venti quatro per colori vernice cremise indico per ricaciare l[’]argento messo così nelli lampanari come l[’]aquila e piedistallo giornate quatro di lavoro di sei pittori e pranzo per li medesimi, come ancora docati due di carboni e legnia, similmente docati due et ottanta quattro comprate fune per li lampieri, simile dato carlini sei alli schiavi che portorno le tenne53, e per affito di galesse e sedie pagato docati due e trenta sei, dato docati dieci al tornitore per tutto il legname come manifatura di tante porchie e cocchi, e altri docati sete e otantotto per zagarelle di seta [aggiunta sopra il rigo "canne 20"] chremise, regalo a’ costodi delli panni del Monte della Pietà come di Monte Oliveto, centrelle ferri filati spogne canne candele, di sego, oglio, tiratura di aqua e regali alli aparatori si per bere come per mangiare tutto questo facendo la sopraschrita summa li o fatta la presente dichiarandomi averne auta la compiuta sodisfatione e per cautela lo fatta la presente firmata di propia mano agli 27 aprile 1732. Christofano Russo
E di più dichiaro avere ricevuto altri docati trenta del ill[ustrissi]mo si[gno]r marchese Viteleschi per regalo a me fatto essendosi così stato ordinato da Sua Ecc[ellenz]a il sig[no]r viceré. Christofano Russo
[c. 451r] 1732 April 26 Nota delle cartapiste servite per il Regio Palazzo ordinate dal sig[no]r Christofaro Russo, ingegnero del Regio Palazzo
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Dava |
Un’aquila di cartapista di palmi 15 con l’impresa in mezzo, e tosone |
25 |
15 |
Per la corona della detta aquila guarnita di cartapista, con gioielli cimmase e de frondi con il mondo sopra |
5+ |
04 |
Una Fama di palmi dieci |
10 |
05 |
Cornacopij n. 44: meso di fronde |
5+ |
02 |
Due statue accomodate |
2+ |
01 |
Per l’impresa di S[ua] E[ccellenza] un tosone, una corona, con le penne |
3 |
03 |
Per due ornati di lauro, e otto ciappe di cartapista |
3 |
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Per sotto li lampieri sei ornamenti di fogliame |
1 |
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54 |
27 [in realtà, il totale è 30 ducati] |
Io sotto schritto dichiaro avere ricevuto dal Ill[ustre] sig[nor] marchese Vitelleschi docati ventisette, detti sono intiero prezzo di tutta la carta pista co’ fatta nella sopraschritta notta così tassata dal sig[nor] Christofano Rosso e per cautela la fatta la presente agli 26 aprile 1732. Domenico Pontiano Conto del cartapistaro di ducati 27. Lettera P.
[c. 454r] 1732 April 26 Nota fatta della Sala del Sig[no]r Viceré del lavoro fatto delli fallignami ordinato dal sig[no]r cavalier conte Vitelleschi
Dava |
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3 |
Per accommodare sei lampieri con chiodi, e ferri felati e tutta altra roba che vi è bisognata d[ucati] Per fare uno orchesto a’ quattro registri di parapetto a tutti gli sedini per commodità di detti stromenti colle sue commodità intorno, ed il tavolato avanti dove si sedevano le voci con la scalinata avanti docati |
6 60 |
25 |
Portato uno piedestallo, ed accommodato sopra una piramide per reggere l’impresa dell’imperadore |
5 |
01 |
Fatta una ossatura, ed uno ormaggio per l’aquila per ponerci le cartapiste dirimpetto, e con le ale aperte con chiodi e legnami, e rimasto a beneficio del luogo docati |
15 |
06 |
Una corona imperiale in testa all’aquila tutta di rilievo con le cente [cere, candele] sopra, e questo è rimasto a beneficio del luogo |
12 |
4 |
|
|
39 |
|
98 |
[c. 454v]
39 |
|
Riposti 98 |
[4] |
Fattosi quattro ovati per ponerci li ritratti, due hanno servito, e due no duc[a]ti |
4 |
2 |
Per lo parchettone per la sig[no]ra viceregina con parapetti avanti, ed un’ossatura per reggere lo friso, ed una scalinata per salire sopra il palchetto |
15 |
4 |
Fatto un’ossatura per il regio tosello, e l’ormaggio per reggere il paulestrato avanti del tosello |
12 |
1 |
Fatta una ossatura dentro alla stanza per ponerci panni di razza |
5 |
2 |
Per sei piedistalli, e fatti sei piramidi, per mantenere li cristalli |
6 |
2 |
Per fare uno ovato grande del ritratto del re a cavallo sopra della porta |
8 |
2 |
Per accommodare 36 cornacopij, e mettere le perchitelle sopra, e fatte 14 cornacopij nuovi, e tutte le tavolette inchiodate dietro, acciò si fossero mantenuti da faccia il muro, e tutti inchiodati, e posti a segno, conforme l’ordine dato dal sig[no]r Cristofano |
7 |
3 |
|
|
55 |
|
155 |
[c. 455r]
55 |
|
Riposti 155 |
[3] |
Dieci altri cornacopij grandi, che stevano intorno alla piramide del re |
3 |
1 |
Doppo finita la funzione si dismetté il palchetto della sig[no]ra viceregina, ed anco le inpalaostrate, che stevano intorno al tosello, e si fece subito il muro una scalenata a due registri, ed un poco di ossatura accosto, dove venne il parchetto del ambasciator turco |
7 |
2 |
Per due statue di rilievo di cartapista, che reggevano li ritratti, uno del re, ed un altro per la regina per affitto Per le cartepiste avanti del piedestallo per far l’impresa del sig[no]r viceré, e sono rimaste a beneficio del luogo, erano inargentate, buone |
4 2 |
12 |
Per portatura, e riportatura, e chiodi, e guasto di legname, e tutta d[ett]a opera si è guastata, e cenciata diverse volte, ed assistenza di continuo con il capomastro, ed altre genti |
25 |
70 |
|
196 |
[c. 455v] Io sotto schritto dichiaro avere ricevuto dal I[llust]re sig[no]r marchese Vitelleschi docati setanta, detti sono intiero prezzo di tutto quello che nella sopraschrita nota a fatto tassata dal sig[nor] Christofano Russo per tanto con la presente mi dichiaro restare intieramente sodisfato e per cautela lo fatta la presente firmata di propia mano agli 26 apr[ile] 1732 Gio[van] B[attist]a Bonetti Conto del falegname di ducati 70. Lettera A.
II.
ASN, Regia Camera della Sommaria, Liquidazione dei conti, Dipendenze della Sommaria, I serie, 176
[c. 4] Cedola de pag[amen]to fatto per d[on] Gasparro Pinto Mendozza del Cons[igli]o de S[ua] M[aestà] e suo Thes[oriere] Gen[era]le in questo Regno, e per quello et in suo nome per il m[ast]ro Angelo Morvillo pag[ato]re del suo off[ici]o delle R[egi]e Castelle, e fabriche del R[egi]o Palazzo, justo della M[ar]ca Giustina Cavaliero prop[ost]o all’infradetto con l’infradetta quantità di denaro per la causa infradetta. [Dalla nota a margine incomprensibile, si ricava solo la data del 22 mayo 1708]. A Paulo de Matheis d[ucati] cinquanta che S[ua] E[ccellenza] con verbale de 4 ottobre 1707 reg[istra]to en ca[?]r p[ri]mo fol[io] 37 ha comandato se li paghino per il prezzo di un ritratto di S[ua] M[aestà] (che Dio g[uar]de) per esso fatto, e si è posto nella Segretaria di Stato, e Guerra de S[ua] E[ccellenza] non obstante l’essersi apprezzato dal r[egi]o ing[egne]ro Schor per d[ucati] cento, e se li è fatto il carrico necessario. Quali d[ucati] cinquanta il suddetto m[ast]ro pag[ato]re li ha pag[a]ti in mano prop[rio] del soprad[et]to in moneta corr[en]te di questo regno con intervento de me infradetto off[icia]le con carrico delle R[egi]e Castelle e fabriche del R[egi]o Palazzo e per sua cautela, e chiarezza della R[egi]a Corte da la presente in Nap[oli] dalla R[egi]a scriv[ani]a di razione a 14 ottobre de 1707. Nicola Pagano
[c. 8] […] A Geronimo Chilotti, e Giuseppe Ricciardelli indoratore, et intagliatore d[ucati] ventiquattro. 1 e grana 17 che S[ua] E[ccellenza] con d[ett]o verbale [parola incomprensibile] ha comandato se li paghino in conto de d[ucati] 97.2.10 per l’opere di loro profess[io]ne fecero di cornice servite per due ritratti de S[ua] M[aestà] (che Dio g[uar]di) uno nella Segrateria di Guerra e l’altro sotto il tosello del Collaterale in conformità del scanaglio56 del r[egi]o ing[egne]ro Schor, e se li è fatto il carrico necessario. 24.1.17
ASBN, Banco di San Giacomo, giornale di cassa, matr. 578, 24 ottobre 1707, p. 323, d. 50
Alla Reg[i]a Cassa m[ilita]re d[ucati] cinquanta e per essa ad Angelo Morvillo pag[ato]re sustituto del Reg[i]o Palazzo fattoli esito sotto li 50 corr[ispos]te per Paolo de Matteo e per esso ad Ant[oni]o Sabatino per altri e per esso ad Agostino Mayella57 per altri.
III.
ASN, Regia Camera della Sommaria, Liquidazione dei conti, Dipendenze della Sommaria, I serie, 177
[c. 78] Introito del conto del denaro ricevuto dalla Regia Cassa m[ilita]re dal m[ast]ro Gio[van] Ba[tti]sta Starace, come Regio pagatore del Real Palazzo di sua amministrazione dal p[ri]mo di gennaro 1714, et per tutto decembre seguente. […] [c. 80] Ad Aniello Franchini procuratore d’Andrea, e Nicola Franchini figli, et eredi del q[uonda]m Fran[ces]co Franchini loro padre pintore, et indoratore che fu del Real Palazzo d[uca]ti quattro cento trenta due per tanti che S[ua] E[ccellenza] ha commandato se li pagano, et sono a complimento de 1032 et in conto de d[uca]ti 3322.1.10 che si ristorono dovendo al sopradetto loro padre per li lavori di sua professione che fece in detto Real Palazzo dalli 8 Febraro 1700, et per tutto dicembre 1701, atteso l’altri 600 per detto complim[en]to li ha ricevuti con altra cedola di questo Reg[a]l Officio […] li 31 dicembre 1714.
HHStA, Italien-Spanischer Rat, Neapel Collectanea, K.29
1718 Nota delli denari pagati all’infradetti Partitarij per serv[iz]io del Reg[i]o Palazzo, dal mese di dec[emb]re 1716, e per [tu]tto hoggi, li 28 agosto 1718. Ad Andrea Franchini indoratore, e pintore del Reg[i]o Palazzo d[uca]ti trecento quaranta 340 Ad Agostino Maiella vetraro avuti d[uca]ti cinquecento venti 520 A Luise Androsiglio fabricatore avuti ducati duecento sittanta 270 A Dom[eni]co Naldini m[ast]ro d’ascia avuti d[ucati] cento e dieci 110 A Domenico Lanzetta m[ast]ro fontanaro avuti d[uca]ti trecento trenta 330 A Mattia Pacifico m[ast]ro chiavettiero avuti ducati cinquanta 50 Ad Angelo Carasale per lavori di ferro avuti d[ucati] cento 100 [totale] 1720
IV.
HHStA, Italien-Spanischer Rat, Neapel Collectanea, K.29
1716–1718 Copia de las listas que el reg[en]te marques conde don Lupercio de Mauleon tiene remitidas por Secretaria de Estado y Guerra a manos de Su Ex[elenci]a el s[egno]r principe conde de Daun virrey de este Reyno des de 26 de noviembre de l’ano 1716 como lugarteniente de esta Reg[i]a Camara, haviendo tomado la posesion de este empleo en 23 del mismo mes, sacada de los libros originales que se conservan en su casa, y es como se sigue. […] En 16 de echo Abril de 1718 […] 300 Al pintor Pablo de Mateis en q[uen]ta de sus libranzas por las pinturas hechas en Palacio. […] En 24 de Noviembre 1717 se embiaron 376-0-11- d[ucad]os 300 para el pintor d[on] Pablo de Mateis y 80 al P[?]e d[o]n Carlos Ximenez. […] 100 A Pablo de Matheis a quenta [sic cuenta] de las pinturas hechas en Palacio. […]
HHStA, Italien-Spanischer Rat, Neapel Collectanea, K.30
Stato Generale di tutte le rendite, et effetti del R[ea]l Patrimonio del Regno di Napoli e delli Pesi sopra di esse formato nell’anno 1717. […] 35. A Paolo de Matteis a conto delle pitture fatte nel R[ea]l Palazzo 300
V.
HHStA, Italien-Spanischer Rat, Neapel Collectanea, K.29.
[c. 1] en58 Palacio los necessarios reparos, se deve advertir, como punto de hecho, a que el virrey no se ha opuesto: que en la relacion, que le presentò al Tribunal de la Cam[a]ra fecha de 26 de nov[iem]bre de 1718, se ponen las siguientes partidas. Hasta aquel dia se hauian pagado p[a]ra reparos del R[ea]l Palacio. Duc[ado]s 1007-2.10 [due righe cassate] Cuya especificacion es como sigue: A Agustin Mayella vidriero 321 duc[ado]s e 15 g[ra]nos Al partidario de las fabricas 183-1.17 A Domingo Lanceta59 maestro fontanaro 102-2.10 Al herrero 63-1.15 Al [parola incomprensibile] 17-13 Al pintor 300 Que unidos hacen duc[ado]s 1007-2.10
Otros reparos hechos en el mismo R[ea]l Palacio p[a]ra la Secret[a]ria de G[ue]rra duc[ado]s 229-1.10 A Luis Andrusio60 partidario de fabricas a quenta [sic cuenta] de la que hace en la Sala del Virrey duc[ado]s 100 A Fernando de Ferdinando cantero de marmoles por la obra de su profession que sta haciendo en Palacio duc[ado]s 100 Que unidos hacen duc[ado]s 1436-3-20 Se lee tanbien en la citada relacion presentada al Virrey que entre los gastos hechos y no pagados; para disponer en el R[ea]l Palacio al alojam[ien]to del conde de Gallas duc[ado]s 268 En el mismo para disponer al alojam[ien]to del almirante Bings 200 Que riunidos a los de arr[iba] hacen ducados 1904-3-20 [c. 2] Suman a lo pass[a]do 1904-3-20 Aunque se leen otras dos partidas, una en lo pagado de duc[ado]s 6037-1-15 otra en lo gastado y que aun se deve de 700 que unidas hacen 6737.1.15 procedidas de refrescos, comida y ropa comprada en el hospedaje del mismo almirante Bings, quando bolvio de Sicilia, no se imputan a la otra partida; empero es bien se tengan presentes, [quattro parole cassate] porque en ellos iran quizas embevidos algunos otros gastos hechos a beneficio del R[ea]l Palacio.
Decuya especificacion se infiere, que [due righe cassate] no ha faltado la agua
al Virrey, ni las goteras se han hecho por descuido del Tribunal de la Cam[a]ra #61,
admitiendo por indubitado lo que Hasselrot [?] assienta, assi por que hay un
partidario de las fabricas de Palacio, a quien tocan los reparos, y un fontanero
para el cuidado de las fuentes, ambos pagados en la forma referida en las
enunciadas partidas, como porque hauiendo pagado el Tribunal los otros enunciados
gastos de vidrios, marmoles, pintura, y obra en la Sala del Virrey, en [es?]
inverosimil que por omision del Tribunal [due righe cassate] #62
permitiesse la permanencia de las goteras, ni la falta de la agua, quando se vee
que acudia a los gastos del adorno y mejoras al R[ea]l Palacio, [c. 3]
fuera de que el Tribunal, ni su lugar then[ien]te son sobrestantes de los obras
al Palacio, ni pueden reconoscer lo que en el se ofrece de reparos, ni acudir a
ellos con immediata inspeccion, respecto de tener maestros, partidarios y otros
artistas segnalados que trabajen, y executen las obras, que el virrey, el
alcayde, y otros a quienes tocare la policia, les mandaren.
Y assi resulta que no solo no hay culpa en este caso, pero ni puede hauerla,
estando
estas cosas
los reparos de albañileria, y fuentes arregladas en la forma referida.
Acknowledgements Il presente contributo è frutto delle ricerche condotte nell’ambito del dottorato in Metodi e Metodologie della Ricerca Archeologica e Storico-artistica presso l’Università degli Studi di Salerno in merito alla committenza e al collezionismo di opere d’arte dei viceré nominati da Carlo VI d’Asburgo a Napoli tra il 1707 e il 1734. Ringrazio il mio supervisore di dottorato, Adriano Amendola, per il costante confronto e i preziosi consigli, e Pia Wallnig, archivista a Vienna dell’Allgemeines Verwaltungs-, Finanz- und Hofkammerarchiv e responsabile del Familienarchiv Harrach per avermi dato l’opportunità di pubblicare i disegni da lei segnalati nel convegno "Herrschaft und Repräsentation in der Habsburgermonarchie (1700–1740) / Habsburg rule and representation (1700–1740)" (Vienna 28–29 marzo 2019); sono grata inoltre ad Attilio Antonelli, già funzionario storico dell’arte di Palazzo Reale a Napoli, per il proficuo scambio di informazioni.
Reviewers
Anonymous
Local Editor
Susanne Kubersky-Piredda, Bibliotheca Hertziana –Max Planck Institute for
Art History, Rome
License
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1 Per l’incarico napoletano del conte Harrach si vedano Heinrich Benedikt, Das Königreich Neapel unter Kaiser Karl VI. Eine Darstellung auf Grund bisher unbekannter Dokumente aus den österreichischen Archiven, Vienna e Lipsia 1927, 423-443; Peter Stenitzer, "Il Conte Harrach Viceré a Napoli (1728–1733)", in: Settecento napoletano. Sulle ali dell’aquila imperiale 1707–1734, a cura di Nicola Spinosa e Wolfgang Prohaska, cat. mostra, Napoli 1994, 43-55: 53, nota 2; Pia Wallnig, "I viceré austriaci", in: Cerimoniale del viceregno austriaco di Napoli 1707–1734, a cura di Attilio Antonelli, Napoli 2014 (= I cerimoniali della corte di Napoli, 2), 21-35.
2 L’ordine del Toson d’oro (come, del resto, lo stesso cerimoniale di corte) era un retaggio della tradizione borgognona: fondato nel 1429 da Filippo il Buono di Valois, conobbe un momento di grande splendore grazie all’imperatore Carlo V; quando la Corona di Spagna passò al figlio Filippo II, il magistrato su quest’ordine restò al ramo spagnolo degli Asburgo. Dopo la morte di Carlo II nel 1700, durante la guerra di successione spagnola, sia Filippo V di Borbone sia il futuro imperatore Carlo VI d’Asburgo rivendicarono il privilegio di conferire l’antica onorificenza, divisa in due rami ugualmente riconosciuti (Cinzia Cremonini, Ritratto politico cerimoniale con figure. Carlo Borromeo Arese e Giovanni Tapia, servitore e gentiluomo, Roma 2008, 79-82; Cerimoniale del viceregno austriaco di Napoli 1707–1734, a cura di Attilio Antonelli, Napoli 2014, 340, nota 634).
3 Francesco Ricciardo, Distinta relazione della Solenne Funzione, e Feste fatte per comando di sua Ecc. il Signor Conte d’Harrach […] per conferire l’insigne Ordine del Toson d’Oro […], Napoli 1732.
4 Cerimoniale del viceregno austriaco di Napoli, 339-345. Francesco Grimaldi ricoprì il ruolo di usciere maggiore e maestro di cerimonie di Palazzo Reale a Napoli dal 1723 al 1741. Con l’arrivo di Carlo di Borbone nel 1734, egli prestò giuramento al nuovo sovrano e divenne il punto di riferimento del maggiordomo maggiore, conte di Santiesteban, che aveva avuto l’incarico di adattare gli usi vicereali alle nuove esigenze di rappresentazione della monarchia. Il piano di riforma avrebbe comportato anche un ripensamento nella distribuzione delle sale di Palazzo Reale, pertanto Grimaldi scrisse una relazione sulle "sale del Real Palazzo ed uso di esse", in cui, in riferimento alla Sala dei Viceré, riportò nuovamente la descrizione della cerimonia di consegna dei tosoni del 1732 (Cerimoniale dei Borbone di Napoli 1734–1801, a cura di Attilio Antonelli, Napoli 2017 [= I cerimoniali della corte di Napoli, 4], 224-230). Su Francesco Grimaldi, si veda Elena Papagna, "Cerimoniale e cerimonie di corte nel Settecento napoletano", in: Cerimoniale dei Borbone di Napoli, 109-125: 111.
5 Sebastian Schütze, "'Theatrum Artis Pictoriae': i viceré austriaci a Napoli e le loro committenze artistiche", in: Cerimoniale del viceregno austriaco di Napoli, 37-67: 41-43. Si veda inoltre Sebastian Schütze, "Vom Sebeto an die Donau. Kunst- und Kulturtransfer im Zeitalter der österreichischen Vizekönige in Neapel", in: Barocke Kunst und Kultur im Donauraum, atti del convegno (Passau/ Linz, 9–13 aprile 2013), a cura di Karl Möseneder, Michael Thimann e Adolf Hofstetter, Petersberg 2014, 668-687.
6 Cerimoniale del viceregno austriaco di Napoli, 339.
7 Cristoforo Russo è inoltre ricordato nelle vesti di decoratore e scenografo teatrale: insieme a Francesco Malerba affrescò la volta della Biblioteca oratoriana dei Girolamini (Sala Vico) e collaborò con Vincenzo Re presso il Teatro San Carlo. Per l’attività di Russo si vedano Capolavori in festa. Effimero barocco a Largo di Palazzo (1683–1759), a cura di Riccardo Lattuada e Giuseppe Zampino, cat. mostra, Napoli 1997, 230-233; Valentina Gallo, La "Selva" di Placido Adriani. La commedia dell’arte nel Settecento, Roma 1998, 16-17; Vincenzo Conte e Roberto Nicolucci, "Transiti. Francesco Rossi fra l’antisagrestia della Cappella del Tesoro e la Cappella Sansevero", in: San Gennaro patrono delle arti. Conversazioni in cappella 2018, a cura di Stefano Causa, Napoli 2018, 78-105: 79.
8 Appendice Documentaria, I. Fa parte del medesimo fascicolo anche una nota delle spese occorse per i musicisti che parteciparono alla serenata, per la cui trascrizione si rimanda a Francesco Cotticelli e Paologiovanni Maione, Onesto divertimento, ed allegria de’ popoli. Materiali per una storia dello spettacolo a Napoli nel primo Settecento, Milano 1996, 170-172. Si veda inoltre Benedikt, Das Königreich Neapel unter Kaiser Karl VI, 628 e 703, nota 52.
9 Per le citazioni, Cerimoniale del viceregno austriaco di Napoli, 339.
10 Appendice Documentaria, I, 441r e v. Era usanza della regia corte pagare mensilmente l’affitto dei parati usati per allestire le stanze di Palazzo Reale. Si veda Sabina de Cavi, "1718–19. Interventi inediti di Cristoforo Schor a Napoli durante il viceregno austriaco", in: Un regista del gran teatro del barocco. Johann Paul Schor und die internationale Sprache des Barock, atti del convegno (Roma, 6–7 ottobre 2003), a cura di Christina Strunck, Monaco 2008 (Römische Studien der Bibliotheca Hertziana, 21), 259-276: 266.
11 Cerimoniale del viceregno austriaco di Napoli, 339.
12 Cerimoniale del viceregno austriaco di Napoli, 340.
13 Cerimoniale del viceregno austriaco di Napoli, 340.
14 Per il libretto si veda Luigi Maria Stampiglia, Giasone. Componimento per musica da cantarsi nel Real Palazzo, la sera de’ 23 Aprile dell’Anno 1732 […], Napoli 1732.
15 Il sistema orario vigente in Spagna, come nella maggior parte d’Europa, era simile a quello attualmente in uso: le ore erano divise in due gruppi di dodici e il loro computo iniziava rispettivamente a mezzanotte e a mezzogiorno; nelle ore d’Italia, invece, il computo delle ventiquattro ore partiva dal tramonto (Mario Arnaldi, "Le ore italiane. Origine e declino di uno dei più importanti sistemi orari del passato (prima parte)", in: Gnomonica Italiana 11 (2006), 10-18: 12-13).
16 Cerimoniale del viceregno austriaco di Napoli, 340.
17 Su Íñigo Vélez de Guevara, VIII conte di Oñate, si vedano Ana Minguito Palomares, Nápoles y el virrey conde de Oñate. La estrategia del poder y el resurgir del reino (1648–1653), Madrid 2011; Visiones cruzadas. Los virreyes de Nápoles y la imagen de la Monarquía de España en el Barroco, a cura di Ida Mauro, Joan Lluís Palos e Milena Viceconte, Barcellona 2018, 245-246.
18 Per gli interventi edilizi nel Palazzo Reale si vedano Adele Fiadino, "Cosimo Fanzago ingegnere maggiore del Regno di Napoli e la sua attività nel Palazzo Reale (1649–1653)", in: Opus. Quaderno di storia dell’architettura e restauro 6 (1999), 351-376; Sabina de Cavi, "'Senza causa et fuor di tempo': Domenico Fontana e il Palazzo vicereale vecchio di Napoli", in: Napoli Nobilissima 6 (2003), 187-208. Per la Sala dei Viceré si vedano Alessandra Anselmi, "I ritratti di Iñigo Vélez de Guevara e Tassis VIII conte di Oñate ed un ritratto di Ribera", in: Locus Amœnus 6 (2002–2003), 293-304: 294-295; Valeria Manfrè e Ida Mauro, "Rievocazione dell’immaginario asburgico: le serie dei ritratti di viceré e governatori nelle capitali dell’Italia spagnola", in: Ricerche sul ’600 napoletano. Saggi e documenti2010–2011 (2011), 107-135: 117-122 e 132; Diana Carrió-Invernizzi, "Las galerías de retratos de virreyes de la Monarquía Hispánica, entre Italia y América (siglos XVI–XVII)", in: À la place du roi. Vice-rois, gouverneurs et ambassadeurs dans les monarchies française et espagnole (XVIe–XVIIIe siècles), a cura di Daniel Aznar, Guillaume Hanotin e Niels Fabian·May, Madrid 2014, 113-134: 126-130; Visiones cruzadas, 160-162. Per ulteriori riferimenti bibliografici si rinvia infra a nota 19.
19 Carlo Celano, Notitie del bello, dell’antico e del curioso della città di Napoli per i signori forastieri date dal canonico Carlo Celano napoletano, divise in dieci giornate. Giornata Quinta, Napoli 1692, a cura di Fernando Loffredo, Napoli 2009, http://www.memofonte.it/home/files/pdf/5_CELANO_GIORNATA_V_LOFFREDO.pdf (accesso 21 gennaio 2020), 42. Si veda inoltre Innocenzo Fuidoro [pseudonimo di Vincenzo D’Onofrio], Successi del Governo del Conte d’Oñate (1648–1653), a cura di Alfredo Parente, Napoli 1932, 164. Secondo Parrino, fu il successore di Oñate, il conte di Castrillo García de Haro y Avellaneda, a commissionare il ciclo pittorico (Domenico Antonio Parrino, Teatro eroico, e politico de’ governi de’ Vicere del Regno di Napoli, dal tempo del re Ferdinando il Cattolico fino al presente […], 3 voll., Napoli 1692–1694, II, 1692, 466, e Parrino, Teatro eroico, e politico, III, 1694, 64. Si vedano anche Sebastian Schütze e Thomas Willette, Massimo Stanzione. L’opera completa, Napoli 1992, 263-264; Anselmi, "I ritratti di Iñigo Vélez de Guevara", 295; Carrió-Invernizzi, "Las galerías de retratos de virreyes", 129). Per quanto riguarda gli artisti impiegati nell’esecuzione dei ritratti successivi, si segnala la presenza di Francesco de Maria, che nel 1665 ricevette un pagamento di cento ducati per il ritratto di Gaspar de Bracamonte y Guzmán, viceré dal 1659 al 1664; si veda Roberto Carmine Leardi, Francesco de Maria (1623 circa–1690). Catalogo critico delle opere, tesi di dottorato, Università degli Studi di Salerno 2016–2017, 103-106.
20 Parrino, Teatro eroico, e politico, I, 1692, "Avvertimenti dell’autore a’ lettori".
21 Carlo Antonio Sammarco, Giornale e Sommario dal giorno che entrorno in Capua l’arme imperiale con tutto quello che soccede alla giornata dalli II di luglio 1707 per tutto la giornata d’oggi, Napoli, Biblioteca Nazionale Vittorio Emanuele III, ms. XIII.B.87. Si vedano inoltre Manfrè e Mauro, "Rievocazione dell’immaginario asburgico", 120-121; Visiones cruzadas, 160-162.
22 Wallnig, "I viceré austriaci", 25-26 e 32. Come riportato in una missiva anonima inviata a Vienna, la convivenza tra i due comandanti non deve essere stata semplice, considerando che "il s[igno]re g[ene]rale Daun non potendo più comportarsi col sig[no]re conte Martinitz, se n’è uscito dal Palazo Reggio, ove seco sin’ora ha coabitato, e presente[men]te si ritrova in quello del s[igno]re p[rinci]pe di Cellamare" (HHStA, Italien-Spanischer Rat, Neapel Collectanea, K.32, Napoli, 16 agosto 1707).
23 Alba Cappellieri, "Filippo e Cristoforo Schor 'Regi Architetti e Ingegneri' alla Corte di Napoli", in: Capolavori in festa, 73-89: 82; Manfrè e Mauro, "Rievocazione dell’immaginario asburgico", 121 e 132, note 113 e 114; Schütze, "'Theatrum Artis Pictoriae'", 43.
24 Giuseppe Sigismondo, Descrizione della città di Napoli e suoi borghi, 3 voll., Napoli 1788–1789, II, 1788, a cura di Alba Irollo, Firenze 2011, http://www.memofonte.it/home/files/pdf/SIGISMONDO_II.pdf (accesso 21 gennaio 2020), 191. La notizia è ripresa in Giuseppe Maria Galanti, Breve descrizione della città di Napoli e del suo contorno, Napoli 1792, 23-24; Domenico Romanelli, Napoli antica e moderna, 3 voll., Napoli 1815, II, 48-49; Camillo Napoleone Sasso, Storia de’ monumenti di Napoli e degli architetti che gli edificavano. Dallo stabilimento della monarchia sino ai nostri giorni, 2 voll., Napoli 1856–1858, I, 1856, 255.
25 Carrió-Invernizzi, "Las galerías de retratos de virreyes", 130.
26 Per la biografia e le opere di Paolo de Matteis si vedano in particolare Bernardo De Dominici, "Vita di Paolo de Matteis pittore e scultore, e de’ suoi discepoli", in: Vite de’ pittori, scultori ed architetti napoletani [3 voll., Napoli 1742–1743], edizione commentata a cura di Fiorella Sricchia Santoro e Andrea Zezza, 5 voll., Napoli 2003–2008 (ed. cons. Napoli 2017), 3.2, 974-1036; Livio Pestilli, Paolo de Matteis. Neapolitan Painting and Cultural History in Baroque Europe, Farnham 2013; Mario Alberto Pavone, "Il ruolo del De Matteis tra centro e periferia: la progressiva riscoperta del pittore cilentano", in: Ritorno al Cilento. Saggi di storia dell’arte, a cura di Francesco Abbate e Antonello Ricco, Foggia 2017, 89-97.
27 Sammarco, Giornale e Sommario, 16-17. Notizia ripresa in Maria Gabriella Mansi, "'Vi si vidde inalzata una gran Machina'. La festa barocca in alcune cronache manoscritte della Biblioteca Nazionale di Napoli", in: Capolavori in festa, 119-126: 121-122.
28 Appendice Documentaria, II. Una parte del documento è pubblicata in Cappellieri, "Filippo e Cristoforo Schor", 82.
29 Per le citazioni si veda Schütze, "'Theatrum Artis Pictoriae'", 67. L’opuscolo, datato 13 settembre 1729, è stato redatto a Napoli dagli eredi di Paolo de Matteis, i quali, un anno dopo la morte dell’artista, misero in vendita un numero consistente di opere, inserendone ampie descrizioni per accattivare la clientela. Un esemplare è conservato presso la Österreichische Nationalbibliothek di Vienna.
30 Schütze, "'Theatrum Artis Pictoriae'", 56-57.
31 Per la citazione si veda Mario Alberto Pavone, Pittori napoletani del primo Settecento. Fonti e documenti, Napoli 1997, 528.
32 Dal carteggio privato tra Carlo IV Borromeo Arese e il fidato maestro di casa, rimasto a Napoli per occuparsi del trasloco dei beni del suo padrone (ABIB, Borromeo C. Carlo IV, Corrispondenza, maggio e giugno 1713, 515 [398]).
33 È stata Alba Cappellieri a notare la presenza di questo gruppo di artigiani nei conti della Regia Camera della Sommaria e a proporre la loro venuta a Napoli – insieme a Philipp Schor – al seguito del marchese del Carpio (ambasciatore di Spagna presso la Santa Sede e viceré dal 1683 al 1687). Alcuni di loro, come il pittore e indoratore Francesco Franchini e il mastro d’ascia Pietro Naldini, si occuparono dei lavori nel Palazzo Reale in occasione del soggiorno di Filippo V a Napoli (1702) e continuarono la loro attività durante i primi anni del viceregno austriaco, lasciando poi l’incarico ai figli (Appendice Documentaria, III. Si vedano inoltre Cappellieri, "Filippo e Cristoforo Schor", 74; de Cavi, "1718–19", 265-266).
34 Appendice Documentaria, IV. In realtà, i pagamenti trascritti in appendice sono tre (due di trecento e uno di cento ducati) ma, come avverte il segretario della regia cassa militare, "la differenza di giornate, nomi de’ giranti, e banchi, che è tra il registro di polise […] e i libri della regia cassa militare […] dipende sì dall’essersi in detto registro posta la giornata, e nome del primo girante, e ne i libri di cassa militare dell’ultimo, come da altri semplici sbagli, essendo identice [sic] le stesse polise" (HHStA, Italien-Spanischer Rat, Neapel Collectanea, K.29). Sulla Tesoreria Militare, organo pagatore di tutte le spese del Palazzo Reale attraverso le cedole di cassa militare, si veda Carolina Belli, "Cerimonie e feste d’antaño. Schegge d’archivio", in: Capolavori in festa, 105-114: 106.
35 "Hasta aquel dia se hauian pagado p[a]ra reparos del R[ea]l Palacio. […] Al pintor 300" (Si veda Appendice Documentaria, V).
38 Lettera del 1762 indirizzata a Carlo III di Borbone re di Spagna (Le arti figurative a Napoli nel Settecento. Documenti e ricerche, a cura di Nicola Spinosa, Napoli 1979, 389).
39 Si rinvia infra nota 24.
40 Sasso, Storia de’ monumenti di Napoli, 255.
41 Cerimoniale del viceregno austriaco di Napoli, 339. Si veda anche Manfrè e Mauro, "Rievocazione dell’immaginario asburgico", 121.
42 Per la scheda si veda Settecento napoletano. Sulle ali dell’aquila imperiale, 158-159. In Inghilterra (Hampshire, Hinton Ampner, Ralph Dutton Collection) è conservata una seconda versione di medesimo soggetto e simili dimensioni (99 x 152,4 cm) ed è lecito supporre si tratti della "macchia colla Maestà dell’Imperadore Nostro Signore a cavallo, che fuga i Turchi e viene coronato dalla Vittoria, Religione, Giustizia, ed altre Virtù, rappresentante la Vittoria di Belgrado: di palmi quattro, e cinque" descritta nell’opuscolo di vendita dei dipinti posseduti dal De Matteis (1729) (Schütze, "'Theatrum Artis Pictoriae'", 64, e infra nota 29). Si veda inoltre Robert Born, Paolo de Matteis. Allegorie auf die Türkensiege Kaiser Karls VI., in: Caravaggios Erben. Barock in Neapel, a cura di Heiko Damm, Peter Forster ed Elisabeth Oy-Marra, cat. mostra, Monaco 2016, 550-551).
44 Sulle guerre turche si vedano Cinzia Cremonini, "Carlo Borromeo Arese, un aristocratico lombardo nel nuovo ordine di Carlo VI", in: Dilatar l’Impero in Italia. Asburgo e Italia nel primo Settecento, a cura di M. Verga, Roma 1995 (= Cheiron 11 [1994], 21), 85-160: 87; Antonio Mele, "Francesco Saverio Marulli: un nobile pugliese tra Spagna e Impero nell’età delle guerre di successione", in: Il Viceregno austriaco (1707–1734). Tra Capitale e province, atti del convegno (Foggia, 2–3 ottobre 2009), a cura di Niccolò Guasti e Saverio Russo, Roma 2010 (= Studi Storici Carocci, 159), 154-182: 167-169.
45 HHStA, Italien-Spanischer Rat, Neapel Korrespondenz, K.27, Vienna, ottobre 1717. Per festeggiare la vittoria, il 28 ottobre 1717, il viceré organizzò a Napoli una cavalcata e si recò presso la Cappella del Tesoro di San Gennaro, dove fece allestire i trofei di guerra (Racconto di varie notizie accadute nella città di Napoli dall’anno 1700 al 1732, a cura di Raffaele Ajello, Napoli 1997, 25). I deputati del Tesoro manifestarono all’imperatore "il godimento, che è nel nostro animo penetrato a’ cagion delle due insigne bandiere, e coda di cavallo, Real dimostranza di pomposi trionfi ottenuti contro del barbaro esercito de’ turchi dalle vostre invitte, e gloriosi armi, che qui ha fatto trasmettere al glorioso vescovo, e martire san Gennaro principal padrone di Napoli, e protettore della vostra clementissima persona, e di tutta l’augustissima Casa, non men che dell’immenso imperial dominio" (HHStA, Italien-Spanischer Rat, Neapel Korrespondenz, K.33, Napoli, 26 novembre 1717, 466).
46 L’identificazione della città di Napoli con un cavallo (impennato o domato) ha origini antichissime e gode di una storiografia legata soprattutto alla storia politica della città, divisa in diversi seggi nobiliari. Per tutta l’epoca moderna, infatti, l’araldica del cavallo era sulle insegne dei due principali seggi cittadini: Capuana (un cavallo imbrigliato) e Nido (un cavallo sfrenato). Presentato come simbolo di forza e impeto, o di mansuetudine, l’animale alludeva alla nobiltà napoletana, che doveva essere domata, ossia ben governata; si veda Sabina de Cavi, "Emblematica cittadina: il cavallo e i Seggi di Napoli in epoca spagnuola (XVI–XVIII sec.)", in: Dal cavallo alle scuderie. Visioni iconografiche e architettoniche, atti del convegno (Frascati, 12 aprile 2013), a cura di Margherita Fratarcangeli, Roma 2014 (= Quaderni delle Scuderie Aldobrandini, 11), 43-53. La decorazione permanente della Sala dei Viceré subì sostanziali modifiche con l’arrivo di Carlo di Borbone a Napoli nel 1734: l’affresco equestre dell’imperatore Carlo VI fu sostituito da una tela del pittore Francesco Solimena dedicata al ritratto equestre del giovane Carlo dopo la vittoria di Gaeta, e fu corretta in senso borbonico la serie dei viceré, con la soppressione dei ritratti dei governatori austriaci (Carlos III en Italia (1731–1759). Itinerario italiano de un monarca español, a cura di Jesús Urrea, cat. mostra, Madrid 1989, 86-89; Pablo Vázquez-Gestal, "From Court Painting to King’s Books: Displaying Art in Eighteenth-Century Naples (1734–1746)", in: Collecting and Dynastic Ambition, a cura di Susan Bracken, Andrea M. Gáldy e Adriana Turpin, Newcastle upon Tyne 2009, 85-137: 91-92; Manfrè e Mauro, "Rievocazione dell’immaginario asburgico", 121; Cerimoniale dei Borbone di Napoli, 305-309; Nicola Spinosa, Francesco Solimena (1657–1747) e le arti a Napoli, 2 voll., Roma 2018, I, 561-563). Si veda anche Paola D’Alconzo, "L’allestimento dei reali appartamenti della reggia di Napoli nel 1766", in: Dialoghi di Storia dell’Arte 8-9 (1999), 164-178. Per l’attività di Francesco Solimena a Napoli si vedano inoltre Annette Hojer, Francesco Solimena 1657–1747. Malerfürst und Unternehmer, Monaco 2011 (= Römische Studien der Bibliotheca Hertziana, 31); Simona Carotenuto, Francesco Solimena. Dall’attività giovanile agli anni della maturità (1674–1710), Roma 2015.
47 Per la trascrizione della "Nota di tutte le spese fatte per la serenata delli 23 aprile 1732", cc. 440r-440v, si rinvia a Cotticelli e Maione, Onesto divertimento, ed allegria de’ popoli, 171.
48 Candelabri.
49 Finestre.
50 Spugne.
51 La somma è 369,68 ducati, qui arrotondata per eccesso.
52 Considerando il calcolo finale, il compenso dovrebbe essere 8 ducati.
53 Tende.
54 In realtà, il totale è 30 ducati.
55 Cere, candele.
56 Calcolo. Dal napoletano "scanagliare, calcolare esattamente"; nell’uso corrente, "scandagliare" (Vocabolario domestico napoletano e toscano, a cura di Basilio Puoti, Napoli 1841, 386, ad vocem).
57 Agostino Majella era il vetraio del Regio Palazzo.
58 La lettera minuscola a inizio rigo sta ad indicare la continuazione da un foglio precedente non pervenuto.
59 Domenico Lanzetta.
60 Luise Androsiglio.
61 Contrassegno usato per annotare a margine l’espressione "admitiendo por indubitado lo que Hasselrot [?] assienta" inserita nel testo.
62 Contrassegno usato per annotare a margine l’espressione "permitiesse la permanencia de las goteras, ni la falta de la agua" inserita nel testo.